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Interazione tra ozono e sangue

Cosa accade durante l’interazione dell’ozono con il sangue? Diversi studi hanno permesso di chiarire i meccanismi di azione dell’ozono nel trattamento di diverse patologie, concentrandosi sull’interazione tra ozono e sangue. Scopriamo insieme di cosa si tratta.

 

L’azione dell’ozono nel corpo umano

Cerchiamo di vedere qual è l’azione dell’ozono sul sangue e sul corpo umano in generale.

L’ozono è una molecola instabile e quando entra a contatto con il sangue e con il corpo umano tende a produrre delle sostanze ossidanti.

Queste a loro volta attivano nel nostro corpo le reazioni chimiche antiossidanti, la cui azione si prolunga nel tempo producendo importanti effetti benefici.

Vediamo ora questi concetti in modo ben più dettagliato.

 

Interazione tra ozono e sangue: quali sono i processi coinvolti?

La ricerca scientifica ha contribuito a svelare i meccanismi attraverso i quali l’ozono agisce nel trattamento di condizioni legate allo stress ossidativo cronico, concentrandosi in gran parte sull’interazione tra le molecole di ozono e il sangue.

Nello specifico, quando l’ozono entra in contatto con il sangue:

  • una parte della sua quantità viene neutralizzata dagli antiossidanti presenti nel plasma
  • le reazioni con i PUFA (acidi grassi polinsaturi) sono i responsabili degli effetti biologici e terapeutici.

Questo processo ci aiuta a comprendere perché una dose molto bassa di ozono può risultare inefficace o simile a un placebo. Infatti nei soggetti con un normale stato antiossidante (TAS), concentrazioni di ozono inferiori a 15 μg/mL vengono completamente neutralizzate dagli antiossidanti presenti nel plasma, impedendo così la produzione di LOP (prodotti della perossidazione lipidica) o perossido d’idrogeno.

In aggiunta, dopo l’ozonizzazione del sangue, la capacità antiossidante misurata nel plasma diminuisce solo del 30% circa entro i primi 5 minuti. I valori normali ritornano nei successivi 15 minuti grazie all’intervento tempestivo degli eritrociti. Questi ultimi contribuiscono alla rapida riduzione degli antiossidanti ossidati. Si tratta di un risultato che mette in luce il fatto che anche dosi elevate di ozono, come ad esempio 16.000 μg per 200 ml di sangue venoso, non superano mai la capacità antiossidante del plasma, evitando così danni alle cellule. Pertanto, durante l’interazione tra il sangue e l’ozono, si producono quantità microscopiche di ROS (radicali liberi) e LOP, che sono responsabili dell’effetto terapeutico dell’ozono.

Cosa sono esattamente i ROS e i LOP?

I ROS comprendono diversi radicali, tra cui l’ossido nitrico (NO•), l’anione superossido (O2−•), i radicali idrossilici, il perossinitrito (O=NOO–), oltre ad altri composti come l’acido ipocloroso (HClO) e il perossido di idrogeno. Tutti questi elementi possono essere potenzialmente dannosi, ma fortunatamente sia il plasma che le cellule contengono antiossidanti in grado di neutralizzarli, a condizione che le loro concentrazioni non superino la capacità antiossidante del sistema. Proprio per questo motivo la dose di ozono deve essere ben calibrata e accurata.

La produzione di prodotti della perossidazione lipidica (LOP) avviene dopo l’ozonizzazione di acidi grassi polinsaturi (PUFA) e comprende una miscela di aldeidi a basso peso molecolare, tra cui la malondialdeide (MDA) e alchenali (come il 4-idrossi-2,3 trans-nonenale o 4-HNE, che è considerato un elemento chiave nella trasduzione del segnale cellulare), e una varietà di α-idrossi-idroperossidi al carbonio terminale (ROOHOH). Utilizzando dosi precise di ozono in relazione al volume del sangue e alla capacità antiossidante, è possibile controllare la quantità di LOP prodotta, innescando una serie di reazioni biochimiche che sono efficaci nel proteggere e supportare le cellule.

 

Come si giustifica l’idea che produrre composti tossici eserciti effetti biologici e terapeutici importanti?

Per comprendere questo fenomeno, è utile esaminare il comportamento del perossido d’idrogeno, che è il ROS più rilevante in termini pratici. Vediamolo nel dettaglio:

  • quando l’ozono si dissolve nel plasma e reagisce con i PUFA, la concentrazione di perossido d’idrogeno inizia a salire. Questa concentrazione si riduce altrettanto rapidamente, poiché le molecole si diffondono rapidamente all’interno dei leucociti, degli eritrociti e delle piastrine, attivando numerose vie biochimiche.
  • L’aumento della concentrazione intracellulare di perossido d’idrogeno non è dannoso per la cellula, in quanto contemporaneamente avviene una riduzione in acqua sia nel plasma che all’interno delle cellule, grazie alla presenza di potenti enzimi antiossidanti come il glutatione perossidasi (GSHPx), la catalasi e il glutatione ridotto libero (GSH).

In breve si crea un gradiente chimico tra il plasma e la concentrazione intracellulare di perossido d’idrogeno, il quale è mantenuto entro limiti che evitano la tossicità, con una concentrazione di circa il 10% rispetto a quella plasmatica.

Ci deve essere quindi un certo dosaggio per avere efficacia, ma non superare i limiti per non creare reazioni dannose. Nei diversi studi effettuati la generazione e diffusione di perossido d’idrogeno (con dosi tra il 20 e l’80 μg/ml) si è sempre rilevata transitoria. Questo ha portato gli studiosi a pensare che la molecola possa essere considerata fisiologica nel corpo umano. Il perossido d’idrogeno agisce come un messaggero chimico intracellulare, attivando la tirosinchinasi, che a sua volta introduce il fattore di trascrizione noto come Nuclear Factor Kappa-B (NFKB), permettendo così la sintesi di diverse proteine. In sostanza, il perossido d’idrogeno ossida la cisteina, influenzando positivamente una serie di cellule, tra cui le cellule endoteliali, le piastrine e gli eritrociti.

 

Il ruolo del glutatione

I ROS, entrando negli eritrociti, vengono quasi nell’immediato ridotti grazie all’azione del glutatione. Gli eritrociti, in virtù della loro grande quantità, possono facilmente smaltire il perossido d’idrogeno e riportare gli antiossidanti ossidati alla loro forma ridotta entro 10-15 minuti.

Inoltre il glutatione GSH-Rd utilizza il coenzima nicotinadenindinucleotide fosfato ridotto (NADPH), che agisce come donatore di elettroni in diverse reazioni biochimiche, consentendo il ripristino del glutatione ossidasi (GSSG) ai livelli originali di glutatione GSH [1].

 

Cosa accade al sangue durante l’ozonoterapia?

Durante la seduta di ozonoterapia, sia l’ossigeno che l’ozono si dissolvono nel plasma, a seconda di diversi fattori quali:

  • temperatura
  • pressione
  • solubilità.

Mentre l’ossigeno cerca di stabilire un equilibrio tra la fase gassosa e il plasma, l’ozono, che è dieci volte più solubile, non può raggiungere un equilibrio. Questo perché reagisce istantaneamente con le biomolecole quali PUFA e antiossidanti presenti nel plasma, e viene completamente consumato. Questa reazione produce prodotti dell’ossidazione lipidica (LOP) e perossido d’idrogeno (tra altri possibili ROS), che possiamo chiamare metaboliti dell’ozono.

L’aumento successivo della concentrazione di perossido d’idrogeno crea un gradiente che porta al rapido trasferimento nelle cellule del sangue, dove attiva numerosi processi biochimici. Contemporaneamente il perossido di idrogeno viene convertito in acqua da un sistema antiossidante intracellulare efficiente. Questa fase cruciale corrisponde a un leggero, controllato, acuto e temporaneo stress ossidativo, che è necessario per l’attivazione biologica. Non si causa quindi una concentrazione tossica concomitante, a condizione che la dose di ozono sia compatibile con la capacità antiossidante del sangue, che è significativamente superiore a quella indotta.

 

Come agiscono i ROS e i LOP?

I ROS sono responsabili degli effetti immediati nel sangue.LOP invece agiscono in una fase successiva, quando il sangue ozonizzato ex vivo ritorna in circolo dopo la reinfusione. Quando l’ozono viene applicato localmente invece, sia i ROS che i LOP esercitano i loro effetti nei tessuti.

I LOP possono raggiungere tutti gli organi, in particolare il midollo osseo, dove possono indurre l’adattamento allo stress ossidativo acuto ripetuto, dopo aver indotto la stimolazione del nucleo cellulare mediante variazioni intracellulari del perossido d’idrogeno e del glutatione. A causa della terapia prolungata, l’attività dei LOP si concluderà con la sovra-regolazione degli enzimi antiossidanti, la comparsa di proteine dello stress ossidativo e il probabile rilascio di cellule staminali. Questi sono fattori cruciali che spiegano alcuni dei notevoli effetti dell’ozonoterapia.

Diversi studi hanno dimostrato che il trattamento con ozono influisce sulla modulazione di Nrf2: si tratta di una proteina chiave responsabile sia della disintossicazione che della morte cellulare, sottolineando l’importanza di utilizzare dosi di ozono adeguate per ottenere l’effetto desiderato.

 

Interazione tra l’ozono e il sangue: punti salienti

In conclusione l’interazione tra l’ozono e il sangue rivela una complessa rete di meccanismi che sono fondamentali per comprendere l’efficacia terapeutica dell’ozono nel trattamento di patologie legate allo stress ossidativo cronico. Questi meccanismi si concentrano sull’equilibrio tra ozono, antiossidanti e altri componenti del sangue, ed è essenziale mantenere un equilibrio tra loro per ottenere efficaci risultati terapeutici senza causare danni all’organismo.

 

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Note

[1] Il NADP ossidato viene sostanzialmente ridotto e l’enzima chiave risulta la glucosio6-fosfato deidrogenasi (G-6PD9). Questa serie di reazioni conduce all’aumento dei livelli di adenosina trifosfato (ATP) attraverso la stimolazione costante della glicolisi. In aggiunta gli eritrociti aiutano nel trasporto di ossigeno ai tessuti ischemici. Si assiste ad un lieve calo del pH intracellulare e un possibile aumento dei livelli di 2,3- difosfoglicerato (2,3-DPG).

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